venerdì 18 dicembre 2020

IL GRINCH

 


"Il Grinch" ("How the Grinch Stole Christmas!") è un racconto per bambini, scritto in rima, dal famoso Dr. Seuss, da lui stesso illustrato. Pubblicato nel 1957, mantiene intatta la tenera follia di questi personaggi che, a ben guardare, non sono così diversi da noi. Vi lasciamo quindi in loro compagnia, con l'augurio di ritrovarci l'anno prossimo un po' più sereni. Buone feste da tutti noi!

 

C’era una volta indovinate un po’,

una città chiamata Chi-non-so

piena di gente simpatica e cordiale

che amava soprattutto la gran festa del Natale

C’era soltanto il Grinch che non l’amava affatto:

anzi, solo a pensarci diventava mezzo matto.

Chiuso nella sua grotta sul monte Briciolaio

pensava che il Natale fosse un grosso, orrendo guaio!

Nessuno sa il motivo di quell’odio micidiale:

vi prego di non chiederlo, sarebbe tempo perso.

Saran state le scarpe che gli facevan male,

o forse la sua testa era avvitata di traverso.

Ma se proprio insistete vi dò la mia opinione:

per me era nel suo cuore la probabile ragione,

un cuore troppo piccolo almeno di tre taglie,

e il Grinch ci soffocava come in mezzo a due tenaglie.

O scarpe troppo strette o cuor sotto misura,

qualunque spiegazione non è chiara né sicura:

sta di fatto che il Grinch, la sera di Natale,

s’affacciò alla sua grotta e quasi gli venne male

quando vide giù in fondo brillar luci e falò,

illuminando a festa l’intera Chi-non-so!

E disse con un ringhio che assomigliava a un raglio:

“Laggiù stanno appendendo il vischio e l’agrifoglio.

E appendono le calze, stupidi Non-so-chi!

Domani vien Natale! Praticamente è qui!

Non ce la faccio proprio! Questa è l’ultima goccia!”

disse, tamburellando con le dita su una roccia.

“Devo trovare il modo perché almeno quest’anno

Natale non arrivi, o mi verrà un malanno!”

Ne aveva già visti tanti, pensò, troppi Natali!

Tutte quelle mattine che ogni volta erano uguali,

coi Non-so-chi-bambini che correvan sui regali

strillando a squarciagola.

BACCANO! URLA! SCHIAMAZZI!

Un fracasso infernale, da diventare pazzi!

E poi la festa orribile del pranzo di Natale,

col tavolo imbandito in un tripudio trionfale:

con tutti i Non-so-chi, dai grandi ai piccolini,

intenti a rimpinzarsi di piselli e rostacchini,

nonché ceci e frittelle, miele, paté e torroni,

per chiudere alla grande su enormi panchittoni!

Che scena intollerabile, da togliergli il respiro!

Per non parlar di nausea, disgusto e capogiro!

Ma non era finita, pensò il Grinch con orrore:

doveva ancor venire il suo incubo peggiore!

Quando laggiù squillavano campane a tutto spiano

e tutti si  stringevano, prendendosi per mano,

e cantavano in coro con quelle odiose voci

tutti quegli inni orrendi, quelle carole atroci!

Oh sì, tutti a CANTARE, CANTARE e ancor CANTARE!

E il solo pensiero gli dava il mal di mare!

“Insomma”, grugnì il Grinch.

“Qui devo darci un taglio!

E’ più di mezzo secolo che faccio questo sbaglio!

Devo trovare un modo, il modo più efficiente,

per bloccare il Natale di tutta questa gente!”

A forza di pensare,

ebbe un’idea tremenda!

Una splendida idea…

SPLENDIDAMENTE ORRENDA!


 “Ora so cosa fare. Sono davvero un mago!”

Sghignazzando malefico prese del filo e un ago,

e si cucì un vestito… rosso e tradizionale:

insomma un bel costume del buon Babbo Natale!

“Manca una cosa sola, per essere perfetto”

rise Babbo Grinciale con ghigno soddisfatto.

“Voglio solo una renna, non chiedo una fortuna!

Ma le renne eran scarse, e non ne trovò nessuna.

“Ah sì?” borbottò il perfido, per nulla scoraggiato.

“Se non trovo una renna, be’, me ne faccio una!”

Fischiò al suo cane Max,

vecchiotto e un po’ acciaccato,

e con lo spago rosso, legato torno torno,

gli piazzò sulla testa un magnifico corno!

Poi prese borse e sacchi, più qualche tascapane,

li mise su una slitta traballante e assai precaria,

si procurò due corde per attaccarvi il cane

e disse: “Via al galoppo! Mi va di prender aria!”.

E giù per la montagna la slitta scivolò

tra scossoni e sobbalzi, diretta a Chi-non-so,

dove ormai le case erano chiuse e spente

con tutti gli abitanti che sognavan dolcemente.

L’aria era fresca e piena di silenziosi fiocchi,

e i Non-so-chi dormivano senza un pensiero in testa.

“Ah ah!” sghignazzò il Grinch.

“Poveri i miei pitocchi!

Ve lo do io il Natale, ve la do io la festa!”

Fermò la slitta e disse: “Ecco la prima sosta!”.

S’arrampicò su un tetto coi sacchi vuoti in pugno

ridacchiando diabolico col suo perfido grugno.

S’infilò nel comignolo… Che razza di strettoia!

Il Grinch pensò: “Perbacco! Ci rimetto le cuoia!”.

Ma se Babbo Natale riusciva nell’impresa,

pure lui avrebbe fatto quell’impervia discesa!

E dopo qualche intoppo eccolo far capolino

dritto dritto attraverso la cappa del camino.

Vide le calze appese: il suo primo bottino!

Balzando nella stanza, il Grinch se ne andò in giro,

prendendo tutto quello che gli capitava a tiro:

tamburi, biciclette, scacchiere e caramelle,

biscotti, lecca-lecca, trombe e pattini a rotelle!

Riempì cinque o sei sacchi, e con un risolino

li spinse a viva forza tutti su per il camino!

Poi spalancò la ghiacciaia che c’era lì in cucina

e prese tutto quanto: salsicce e gelatina,

piselli, torte, fave, polpette e chi-budino,

frutta, salami, intingoli e pure il rostacchino!

Insomma, a farla breve, quel bieco criminale

depredò la famiglia del pranzo di Natale!

E anche tutti quei viveri finiron nella cappa!

“Perfetto” disse il Grinch. “La mia ultima tappa

sarà la più simbolica, e adesso lo vedrete:

prima di dirvi addio ruberò pure l’abete!”

Stava arraffando l’albero quando avvertì un rumore

che pareva un tubare di mite tortorella.

Per un attimo il Grinch si sentì un colpo al cuore,

poi si voltò di scatto dicendo: “Questa è bella!”.

E con sua gran sorpresa si trovò a tu per tu

con una bambinetta di nome Cindy-chi-lù.

La bimba si era alzata solo perché aveva sete.

Guardò perplessa il Grinch e poi fissò l’abete.

Disse: “Babbo Natale, cos’è che fai? Cos’è?

Perché porti via l’albero? Mi vuoi dire PERCHE’?”.

Ma il vecchio Grinch, sapete,

era un gran furbacchione,

e si mise d’impegno per salvar la situazione!

Stampandosi un sorriso benevolo e gentile,

improvvisò alla svelta una bugia sottile:

“Vedi la lampadina che da quel ramo pende?

Mi pare che sia guasta e proprio non s’accende.

Così per aggiustarla devo portarla su.

La sistemo in un attimo e poi la riporto giù!”.

La fandonia era grossa, ma Cindy-chi-lù piccina,

e il vecchio bugiardone convinse la bambina.

Poi le diede perfino una pacca sulla testa

e la mandò a dormire borbottando: “Buona festa!”.

Che cosa fece dopo, scommetto lo sapete:

tornò lesto al camino e v’infilò l’abete!

Come gesto finale, prima di scomparire,

sgraffignò pure il ceppo del loro focolare!

E lasciò la casa con tutti i muri nudi,

coi fili vuoti e spogli e i solitari chiodi.

E l’unico pezzetto di cibo lì rimasto

fu una piccola briciola che addirittura un topo

trovò fin troppo misera e inadatta allo scopo.

Dopo di che un’identica manovra lui eseguì

per razziare le case di tutti i Non-so-chi…

… ed altrettanto misero fu quello che lasciò

per tutti gli altri topi di stanza a Chi-non-so.

Era passata l’alba da un quarto d’ora appena

e i Non-so-chi dormivano pacifici e contenti…

quando il Grinch se ne andò con la sua slitta piena,

zeppa di pacchi e doni, di fiocchi e di ornamenti,

nastri, festoni, addobbi e globi risplendenti!

E su per i dirupi del monte Briciolaio

il Grinch spinse la slitta per mille metri e più.

L’intenzione era chiara: voleva buttar giù

tutto quanto il suo carico nel grande immondezzaio!

“AH-AH! Quei Non-so-chi!” rideva compiaciuto.

“Il loro bel Natale proprio non è venuto!

So già punto per punto tutto quel che faranno.

Prima diranno: “Allora? Che succede quest’anno?”.

Saranno a bocca aperta per due minuti o tre,

e poi tutti a frignare e a piangere… “UEH-UEH!”

“Che bel rumore!” aggiunse, con un’aria cattiva.

“Non voglio proprio perdermi la lagna collettiva!”.

Il Grinch tese l’orecchio, pronto a captare suoni

di tristezza e di rabbia, sorpresa e delusioni.

E infatti udì un rumore che saliva nella neve:

dapprima basso e fioco, confuso e lieve lieve…

ma poi sempre più forte, sempre più intenso e pieno…

Che strano… quel rumore non era affatto triste!

Anzi, sembrava allegro. “Possibile?” si disse.

Ma sì, c’era allegria, gioia, felicità!

Il Grinch provò a spiegarselo guardando la città.

Ma subito gli venne da strabuzzare gli occhi:

una scena incredibile, da rimanerci secchi!

La sorpresa fu tale che quasi cadde giù!

Tutti riuniti insieme, piccoli e spilungoni,

vecchi, bambini e giovani, ossuti oppur ciccioni,

i Non-so-chi cantavano! Senza regali e doni!

E tutto il suo lavoro? Tutta quella razzia

per bloccare il Natale e fermare l’allegria?

“Macché!” si disse il Grinch sconcertato e perplesso

“IL NATALE E’ VENUTO! E’ venuto lo stesso!”

Coi piedi nella neve, grinciosi e intirizziti,

il Grinch restò tre ore a porsi un sacco di quesiti:

“Come ha fatto a venire senza regali e pacchi!

Senza addobbi e lustrini, nastri, giochi e balocchi!”.

Aggrottava la fronte, cercando una risposta,

e a forza di aggrottarla gli scoppiava già la testa.

E poi, pensa e ripensa, gira e rigira e riprova,

il Grinch pensò a una cosa completamente nuova.

“Forse” pensò “il Natale non viene dai negozi,

dagli empori, dai market o dagli altri servizi.

Forse ha un significato più profondo e vitale…

Chissà se è proprio questo il vero senso del Natale!”

E cosa accadde dopo? Dicono a Chi-non-so

che il suo piccolo cuore quel giorno si allargò,

pensate! di tre taglie: e in quel momento stesso,

quando il Grinch si sentì col cuore meno oppresso,

girò svelto la slitta e scese dalla cresta

riportando i regali e il cibo della festa!

Spettacolo glorioso, nel sole del mattino!

E fu lo stesso Grinch,

fu proprio lui in persona,

che pensò ad affettare

il grande rostacchino!


 

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