Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare: la favola di Esopo, riadattata, ci mostra la profonda verità contenuta in questa frase...
La pendola batté la mezzanotte, la luna splendeva in cielo. In un
grande palazzo, in fondo a un viale alberato, tutti erano profondamente
addormentati. Tutti, tranne i topi, che correvano su e giù per le loro scalette
dentro i muri, con i baffi vibranti dall’eccitazione. Quella era la notte della
Grande Assemblea.
“Chissà di che cosa discuteremo?” si chiedevano l’un l’altro.
“Forse scopriremo finalmente chi ha rubato il formaggio?”
“O parleremo dei ratti”, suggerì un altro.
“Zitti”, ordinò uno dei topi anziani appena raggiunsero la soffitta.
“L’assemblea sta per cominciare”.
Il pavimento della soffitta brulicava di topi che si accalcavano e
ruzzolavano uno sopra l’altro nella fretta di prendere posto. Sopra a tutti, su
una trave, stava il Grande Capo.
Quest’ultimo rimase un istante ad ascoltare squittii e chiacchiere, poi
alzò una zampa per chiedere silenzio.
“Siamo qui riuniti per discutere…” Fece una pausa, abbassò la voce:
“Del gatto!”
Bastò il suono di quella parola perché molti topi cominciassero a tremare,
tappandosi le orecchie con le zampette.
“Oh, non nominarlo neanche!”
“Ci tormenta!”
“Ci fa gli agguati!”
“Giusto l’altro giorno è balzato addosso alla moglie del cugino di mia
madre”, disse un topo grassottello, tremando tutto come un budino.
“Questo è ancora niente”, aggiunse un altro. “Ho sentito che ieri nella
dispensa ha catturato dieci topi. Ne sono rimaste solo le code”.
“Bisogna fermarlo”, disse il Grande Capo. “Dobbiamo trovare il modo”.
Tutti i topi si zittirono all’istante e presero a scervellarsi.
“Potremmo provare a parlare con lui”, disse una topina dall’aria
materna. “Potremmo pregarlo di smettere di mangiarci.”
“Sì”, aggiunse un altro topo con gli occhietti scintillanti. “E se gli
offrissimo dell’altro cibo in cambio? Potremmo rubare gli avanzi di carne dalla
cucina.”
“Il gatto non ci mangia solo perché ha fame”, precisò il Grande Capo.
“Si diverte a catturarci.”
I topi restarono a lungo in silenzio. Poi, dal fondo della soffitta,
una vocetta squittì: “Ci sono! Ho un’idea geniale! So come impedirgli di
acchiapparci!”
Tutti si girarono e videro un topolino che saltellava, agitando le
zampette. “Aspettate”, strillò. “Torno tra un istante.”
E sparì. I topi aspettarono. Sentirono i suoi passetti allontanarsi,
poi più nulla, e di nuovo i suoi passetti che tornavano indietro.
Dlin-dlin-dlin. Che cos’era? Dlin-dlin-dlin.
Il topolino riapparve, nascondendo qualcosa dietro la schiena. “Il
gatto ci cattura facilmente perché non si fa sentire”, affermò. Poi, con gesto
teatrale, mostrò una campanella d’oro, legata a un cordino.
“Se riusciamo a legargli intorno al collo questa campanella”, proseguì,
“saremo sempre avvertiti del suo arrivo. E un gatto che fa dlin dlin dlin non
sarà mai più in grado di catturarci.”
Subito tutti i topi si misero ad applaudire festanti, congratulandosi
con il topolino per quella brillante idea. Nessuno si accorse che il Grande
Capo aveva la faccia scura.
Il topolino si dava grandi arie, sorridendo radioso. Il Grande Capo
alzò nuovamente una zampa, cercando di attirare l’attenzione. Ma erano tutti
troppo occupati a festeggiare. Alla fine il Grande Capo diede un colpo alla
trave con il suo bastone.
“Già”, disse con voce stanca. “E’ un’ottima idea. Ma chi – chiedo –
metterà la campanella al collo del gatto?”
I topi si guardarono l’un l’altro speranzosi. Ma nessuno fiatò.
“Proprio come pensavo”, disse il Grande Capo. “Un conto è dire cosa va
fatto, un altro farlo per davvero.”
Il gatto e la campanella
Favole di Esopo illustrate, adattamento di Susanna Davidson, ill.
Giuliano Ferri. Usborne Publishing Ltd, 2014.
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