venerdì 22 maggio 2020

Tiddalik


Una favola australiana del Tempo dei Sogni, un mondo mitico popolato da creature, mostri e fenomeni magici che descrivono, e cercano di spiegare, la realtà.





Tanto tanto tempo fa, al Tempo dei Sogni, quando il mondo era agli albori, viveva la rana più grande mai esistita. Si chiamava Tiddalik. Un giorno la rana si svegliò con una sete terribile. “Devo bere qualcosa”, disse.
Bevve avidamente l’acqua spumeggiante delle sorgenti. Risucchiò e trangugiò i gorgoglianti torrenti. Si scolò fino all’ultima goccia di ruscelletti e paludi e prosciugò fiumi e laghi.
Ma aveva ancora sete. Così perlustrò il cielo in cerca di nubi, con grandi schiocchi della lunga lingua viscida.
Afferrava le nubi con la lingua, le strappava dal cielo e se le faceva esplodere in bocca, affinché milioni di goccerelline di pioggia le schizzassero in gola.
Il suo corpo si gonfiò e diventò enorme. Tiddalik si era finalmente dissetata.
Ma senz’acqua, il mondo inaridiva. Nella terra si aprirono crepe. Le piante appassirono e morirono. Le foglie caddero dagli alberi, gli alberi caddero a terra, e la terra sospirò dicendo: “Aiutatemi, muoio di sete”.
Gli animali decisero che dovevano fare qualcosa. Così si riunirono sulle rive del fiume Molonglo, per tentare di salvare il mondo.
“Tiddalik ci deve restituire l’acqua!” disse secco il coccodrillo.
“Ma come?” gracchiarono i pappagalli.
“Dobbiamo far ridere Tiddalik”, disse un vecchio e saggio vombato. “Se solo aprisse la bocca, l’acqua si riverserebbe tutta fuori…”
E così gli animali si precipitarono alla dimora di Tiddalik, giù alle distese del Kwongan. Cominciò il kookaburra, con la sua barzelletta più irresistibile, e l’emù rise così forte che si svegliarono anche i pipistrelli. Ma Tiddalik li ignorò.
I canguri fecero il salto col cerchio, mentre la lucertola dalla lingua blu riuscì a farsela diventare rosa. “Che ridere!” esclamò il bilby. Ma Tiddalik continuò a ignorarli. Gli animali scherzarono e ballarono per giorni e giorni, senza il benché minimo interesse da parte della rana rigonfia.
Finché a un certo punto non strisciò in scena l’anguilla. L’animale vorticò, e saltò su e giù. E per la prima volta, Tiddalik si scordò di aggrottare la fronte.
Poi l’anguilla saltò su di nuovo e cominciò a dimenarsi: e un sorriso si allargò su tutta la faccia di Tiddalik e le sue guance gonfie cominciarono a sussultare.
Per il numero finale, l’anguilla si sollevò e poi si ingroppò in una serie di nodi. Tiddalik si afferrò il ventre e scoppiò in una fragorosa risata. L’acqua sgorgò irruenta dalla sua bocca spalancata, con un assordante rombo di tuono.
Penetrò nelle crepe della terra secca, ritornò alle sorgenti spumeggianti, e da lì si riversò gorgogliando nei torrenti, che scorsero fino ai fiumi, che riempirono i laghi, finché il mondo non fu nuovamente inondato d’acqua.
Il cielo si oscurò, le nuvole s’ingrandirono e poi una ad una esplosero. E allora arrivò una pioggia a catinelle che finalmente restituiva la vita alla terra.
Tiddalik guardava, piena di vergogna. “Prometto”, gracidò, “di non essere mai più così avida”.

 
Cento racconti illustrati. Edizioni Usborne, 2013.

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