mercoledì 6 maggio 2020

La tartaruga e l'aquila


Una tartaruga testarda vuole realizzare il suo più grande desiderio: volare! Non sempre, però, i nostri desideri, quando si realizzano, ci rendono felici...








La tartaruga non era tanto sicura che le piacesse essere una tartaruga. “So solo andare piano tutto il giorno”, piagnucolò.
“Almeno tu hai le zampe”, replicò il verme. “Io invece posso solo strisciare sulla pancia.”
“Almeno tu hai un guscio”, disse il lumacone, “che ti tiene all’asciutto.”
“Ma che mi importa?” disse la tartaruga. “Io voglio volare!”
E si lanciò dalla cascata, agitando le zampette, ma precipitò nel fiume come un sasso.
“Le tartarughe non sono fatte per volare”, la rimproverò la mamma. “Lascialo fare agli uccelli.”
Allora le venne un’idea. Raccolse le penne che trovò per terra e se le incollò al guscio. Poi salì sulla collina più alta e saltò giù…
“Lo vedi!” disse sua mamma. “Non può funzionare. Tu non sei un uccello.”

Allora alla tartaruga venne un’altra idea. Supplicò gli uccelli di portarla con loro nel cielo.
“Sei troppo grossa”, cinguettarono i passeri.
“Troppo pesante”, dissero i corvi.
“Lo chiederò all’aquila”, pensò la tartaruga. “Lei sì che è così forte da portarmi con sé.”
“No”, disse l’aquila. “Le tartarughe non sono fatte per volare. Lo sanno tutti. Dove hai le ali? Dove hai le penne? Se caschi, ti fracasserai il guscio.”
La tartaruga la implorò in tutti i modi. La seguiva ovunque, dall’alba al tramonto, senza darle mai tregua, finché il possente uccello si arrese.
“Una volta sola”, disse l’aquila. Sollevò la tartaruga, per il guscio, serrandola forte con i suoi robusti artigli, poi batté le ali e spiccò il volo, su, sempre più su nel cielo azzurro.

La tartaruga guardò giù e allibì. Vide la terra allontanarsi a rotta di collo: sotto di lei non c’era niente, solo aria. Ogni cosa rimpiccioliva a vista d’occhio. Le venne la tremarella.
“Che ti succede” chiese l’aquila.
“Non… non… non mi piace volare”, balbettò la tartaruga. “Ho paura. Per favore, aquila, riportarmi a casa.”
L’aquila scoppiò a ridere. “Ma non volevi tanto volare, cara tartarughina?”
“Una volta”, disse la tartaruga. “Adesso non più. E’ te… te… terrificante.”
L’aquila batté le ali e compì un arco aggraziato nell’aria. Poi fendette il cielo come una freccia, la testa bassa, le ali ripiegate, planando giù, sempre più giù, verso la terra. Lasciò cadere la tartaruga accanto alla mamma.
La tartaruga fece qualche passo barcollando, poi si gettò lunga distesa, aggrappandosi ai ciuffi d’erba.
“Oh la terra, la terra!” esclamò. “Quanto mi piace starle vicino. Quanto mi piace camminare piano. Come sono felice di essere una tartaruga!”
“Non avresti preferito essere un’aquila?” le chiese sua madre, stupita.
“No”, rispose la tartaruga. “Sono contenta così come sono.”

Guardati dai tuoi desideri.

La tartaruga e l’aquila
Favole di Esopo illustrate, adattamento di Susanna Davidson, ill. Giuliano Ferri. Usborne Publishing Ltd, 2014.

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