Non bisogna essere grandi per essere coraggiosi! Jacob e Wilhelm Grimm, i famosi fratelli tedeschi che ci hanno regalato tante fiabe, con "Mignolino" ci presentano un tipo di coraggio che certamente non si basa sulla forza fisica. Scopriamo insieme di che si tratta...
C’era una volta… un gigante che aveva litigato con un mago molto avido
a proposito di un tesoro da spartire. Il gigante, alla fine della discussione,
minacciò l’altro: “Potrei schiacciarti col mio mignolo se volessi! Vattene
via!”. Il magò si allontanò, ma quando fu ben distante dal dito minaccioso del
gigante lanciò la sua terribile vendetta:
“Abracadabra! Sia fatto il sortilegio! Il figlio che tua moglie aspetta
non sarà più grande del mio mignolo!”.
Quando Mignolino nacque i suoi genitori erano disperati. Faticavano a
vederlo e a trovarlo, e per parlargli dovevano sussurrare per non assordarlo.
Mignolino alla compagnia dei genitori, così diversi da lui, preferiva giocare
con i piccoli abitanti che popolavano il giardino. Si divertiva a cavalcare la
chiocciola e a ballare con le coccinelle ed era felice in questo mondo
minuscolo. Un brutto giorno ebbe la malaugurata idea di andare a trovare un
ranocchio, suo amico: era appena salito su una foglia che gli faceva da
barchetta quando un grosso luccio in agguato lo inghiottì in un sol boccone.
Ma anche al luccio il destino aveva riservato una sorte tremenda: poco
dopo abboccò all’esca di un pescatore al servizio del re e in men che non si
dica si trovò davanti al coltello del cuoco nelle cucine reali. Fra la sorpresa
generale, dalla pancia del pesce Mignolino uscì ancora vivo sia pure un po’
malconcio.
“E adesso che cosa ne faccio di questo ometto in miniatura?” si chiese
il cuoco stupefatto. Gli venne un’idea: “Ne farò un paggio reale! Piccolo
com’è, potrò metterlo dentro alla torta che sto preparando e, quando uscirà dal
ponte levatoio suonando la tromba, tutti grideranno al miracolo!”. Mai alla
corte del Re era successo un fatto simile, alla prodezza del cuoco tutti
batterono a lungo le mani, il Re per primo.
Fu quest’ultimo a premiare l’artefice di tanto successo con un
sacchetto di monete d’oro. Per Mignolino la sorte fu ancora più lieta: paggio
era diventato per volere del cuoco e paggio doveva rimanere con tutti gli onori
e i benefici del caso. Gli furono assegnati un topolino bianco come
cavalcatura, uno spillone d’oro come spada e il permesso di assaggiare il cibo
del Re. In cambio, durante i banchetti passeggiava sul tavolo da pranzo, fra
piatti e bicchieri allietando tutti con la sua trombetta.
Ma, senza saperlo, Mignolino si era creato un
nemico: il gatto, che fino allora era stato il favorito del Re, si era visto
messo da parte. Giurò vendetta al nuovo venuto e gli tese un agguato in
giardino.
Mignolino, quando vide il gatto, invece di scappare, sfoderò lo
spillone d’oro gridando al topo che cavalcava: “All’attacco! All’attacco!”. Il
gatto punzecchiato più volte dalla minuscola spada, fuggì vergognosamente.
Poiché non era riuscito a vendicarsi, il gatto pensò di usare l’astuzia.
Fingendo di trovarsi lì per caso, aspettò il Re quando scendeva dallo scalone e
miagolando sussurrò: “Maestà, attenzione! Qualcuno attenta alla vostra vita!”.
E raccontò una terribile bugia: “Mignolino vi vuole avvelenare con la cicuta.
L’ho scoperto mentre ne coglieva le foglie in giardino e l’ho sentito mormorare
questa orrenda minaccia”. Il Re, che già una volta era rimasto a lungo a letto
con un terribile mal di pancia per aver mangiato troppe ciliegie, convinto
invece di esser stato avvelenato, chiamò Mignolino.
Il gatto rafforzò la sua accusa estraendo da sotto la gualdrappa una
foglia di cicuta che lui stesso aveva nascosto lì poco prima. Mignolino lì per
lì non ebbe la presenza di spirito di replicare alle accuse e il Re, seduta
stante, ordinò che fosse imprigionato. Data la statura la sua prigione fu una
pendola.
Passavano le ore e i giorni e per Mignolino l’unico, eterno, passatempo
era andare avanti e indietro appeso all’asta del pendolo. Finché, una notte,
l’attenzione di una grossa farfalla notturna che svolazzava nella stanza, fu
richiamata da Mignolino che bussava sul vetro invocando: “Liberami! Liberami!”.
La farfalla, che pochi giorni prima aveva riacquisito la libertà dopo esser
rimasta prigioniera per giorni in una grossa scatola in cui si era
addormentata, si impietosì e lo liberò. “Sali sulla mia groppa, svelto! Prima
che ci vedano!”.
Stretto al collo della farfalla, durante il lungo volo nella notte,
Mignolino raccontò le sue peripezie. “Ti porterò nel Regno delle Farfalle dove
sono piccoli come te, e ti saranno amici”. E così fu!
Ancora oggi, se visitate il Regno delle Farfalle, potete vedere il
monumento alla farfalla che Mignolino costruì dopo la sua avventura.
Le avventure di Mignolino – Fratelli Grimm (cliccando qui, potete trovare le loro fiabe più belle)
(da “Le più belle fiabe del mondo”, ill. Tony Wolf e Pietro
Cattaneo. Dami Mondadori, 2005)
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