martedì 5 maggio 2020

Le avventure di Mignolino


Non bisogna essere grandi per essere coraggiosi! Jacob e Wilhelm Grimm, i famosi fratelli tedeschi che ci hanno regalato tante fiabe, con "Mignolino" ci presentano un tipo di coraggio che certamente non si basa sulla forza fisica. Scopriamo insieme di che si tratta...




C’era una volta… un gigante che aveva litigato con un mago molto avido a proposito di un tesoro da spartire. Il gigante, alla fine della discussione, minacciò l’altro: “Potrei schiacciarti col mio mignolo se volessi! Vattene via!”. Il magò si allontanò, ma quando fu ben distante dal dito minaccioso del gigante lanciò la sua terribile vendetta:
“Abracadabra! Sia fatto il sortilegio! Il figlio che tua moglie aspetta non sarà più grande del mio mignolo!”.
Quando Mignolino nacque i suoi genitori erano disperati. Faticavano a vederlo e a trovarlo, e per parlargli dovevano sussurrare per non assordarlo. Mignolino alla compagnia dei genitori, così diversi da lui, preferiva giocare con i piccoli abitanti che popolavano il giardino. Si divertiva a cavalcare la chiocciola e a ballare con le coccinelle ed era felice in questo mondo minuscolo. Un brutto giorno ebbe la malaugurata idea di andare a trovare un ranocchio, suo amico: era appena salito su una foglia che gli faceva da barchetta quando un grosso luccio in agguato lo inghiottì in un sol boccone.
Ma anche al luccio il destino aveva riservato una sorte tremenda: poco dopo abboccò all’esca di un pescatore al servizio del re e in men che non si dica si trovò davanti al coltello del cuoco nelle cucine reali. Fra la sorpresa generale, dalla pancia del pesce Mignolino uscì ancora vivo sia pure un po’ malconcio.
“E adesso che cosa ne faccio di questo ometto in miniatura?” si chiese il cuoco stupefatto. Gli venne un’idea: “Ne farò un paggio reale! Piccolo com’è, potrò metterlo dentro alla torta che sto preparando e, quando uscirà dal ponte levatoio suonando la tromba, tutti grideranno al miracolo!”. Mai alla corte del Re era successo un fatto simile, alla prodezza del cuoco tutti batterono a lungo le mani, il Re per primo.
Fu quest’ultimo a premiare l’artefice di tanto successo con un sacchetto di monete d’oro. Per Mignolino la sorte fu ancora più lieta: paggio era diventato per volere del cuoco e paggio doveva rimanere con tutti gli onori e i benefici del caso. Gli furono assegnati un topolino bianco come cavalcatura, uno spillone d’oro come spada e il permesso di assaggiare il cibo del Re. In cambio, durante i banchetti passeggiava sul tavolo da pranzo, fra piatti e bicchieri allietando tutti con la sua trombetta. 

Ma, senza saperlo, Mignolino si era creato un nemico: il gatto, che fino allora era stato il favorito del Re, si era visto messo da parte. Giurò vendetta al nuovo venuto e gli tese un agguato in giardino.
Mignolino, quando vide il gatto, invece di scappare, sfoderò lo spillone d’oro gridando al topo che cavalcava: “All’attacco! All’attacco!”. Il gatto punzecchiato più volte dalla minuscola spada, fuggì vergognosamente. Poiché non era riuscito a vendicarsi, il gatto pensò di usare l’astuzia. Fingendo di trovarsi lì per caso, aspettò il Re quando scendeva dallo scalone e miagolando sussurrò: “Maestà, attenzione! Qualcuno attenta alla vostra vita!”. E raccontò una terribile bugia: “Mignolino vi vuole avvelenare con la cicuta. L’ho scoperto mentre ne coglieva le foglie in giardino e l’ho sentito mormorare questa orrenda minaccia”. Il Re, che già una volta era rimasto a lungo a letto con un terribile mal di pancia per aver mangiato troppe ciliegie, convinto invece di esser stato avvelenato, chiamò Mignolino. 
Il gatto rafforzò la sua accusa estraendo da sotto la gualdrappa una foglia di cicuta che lui stesso aveva nascosto lì poco prima. Mignolino lì per lì non ebbe la presenza di spirito di replicare alle accuse e il Re, seduta stante, ordinò che fosse imprigionato. Data la statura la sua prigione fu una pendola.
Passavano le ore e i giorni e per Mignolino l’unico, eterno, passatempo era andare avanti e indietro appeso all’asta del pendolo. Finché, una notte, l’attenzione di una grossa farfalla notturna che svolazzava nella stanza, fu richiamata da Mignolino che bussava sul vetro invocando: “Liberami! Liberami!”. La farfalla, che pochi giorni prima aveva riacquisito la libertà dopo esser rimasta prigioniera per giorni in una grossa scatola in cui si era addormentata, si impietosì e lo liberò. “Sali sulla mia groppa, svelto! Prima che ci vedano!”.
Stretto al collo della farfalla, durante il lungo volo nella notte, Mignolino raccontò le sue peripezie. “Ti porterò nel Regno delle Farfalle dove sono piccoli come te, e ti saranno amici”. E così fu!
Ancora oggi, se visitate il Regno delle Farfalle, potete vedere il monumento alla farfalla che Mignolino costruì dopo la sua avventura.

(da “Le più belle fiabe del mondo”, ill. Tony Wolf e Pietro Cattaneo. Dami Mondadori, 2005)

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